Nasce il portale italiano della musica post rock! Un punto di riferimento per tutti gli amanti del genere Post Rock. Un punto di condivisione, un punto dove ricevere tutti gli aggiornamenti in tempo reale sulle band più amate del genere. Un luogo dove dare spazio agli artisti emergenti e alla musica nostrana.
Il Post Rock, genere musicale evocativo e senza confini, è una formidabile forma d’arte che trasforma le emozioni in paesaggi sonori senza limiti. In questo viaggio sonoro, esploreremo come il Post Rock abbraccia e traduce le sfumature emozionali in un’esperienza musicale unica.
Il Linguaggio Senza Parole
Una delle caratteristiche più affascinanti del Post Rock è il suo approccio all’arte senza l’uso delle parole. Le tracce diventano poesie sonore, permettendo agli ascoltatori di immergersi completamente nelle emozioni espresse dagli strumenti.
Architetti Sonori
Le band di Post Rock agiscono come architetti sonori, costruendo composizioni complesse che guidano l’ascoltatore attraverso una gamma completa di emozioni. Dai momenti di quiete alle esplosioni di intensità, ogni nota contribuisce a un paesaggio emotivo unico.
Viaggi Sonori
In questo genere, la musica non è solo ascoltata ma vissuta. È un viaggio attraverso paesaggi sonori, in cui gli alti e i bassi narrano storie senza bisogno di parole. Il Post Rock trasporta l’ascoltatore in luoghi mentali, spesso indefiniti ma ricchi di significato.
La Magia dell’Improvvisazione
Molte band di Post Rock sperimentano con l’improvvisazione, creando esibizioni dal vivo uniche e mai ripetitive. Questa libertà artistica aggiunge uno strato di magia all’esperienza, rendendo ogni concerto un evento irripetibile.
Il Post Rock è un viaggio sensoriale che va al di là della musica stessa.
È un modo per esplorare, comprendere e abbracciare le emozioni in modo puro e universale. Se hai apprezzato questo viaggio attraverso i paesaggi sonori, ti invitiamo a seguire Postrock.it per scoprire altre esplorazioni musicali, recensioni dettagliate e notizie fresche dal mondo affascinante del Post Rock. Unisciti a noi nell’esplorare le profondità emotive di questo genere unico e scopri nuovi orizzonti sonori che arricchiranno la tua esperienza musicale. La tua avventura nel Post Rock continua sul nostro portale. 🎶
Il Post Rock è un universo musicale vasto e intrigante, popolato da talenti straordinari che hanno plasmato il genere nel corso degli anni.
In questa esclusiva selezione, esploreremo le 10 band iconiche del Post Rock che non possono mancare nella tua playlist. Da viaggi sonori epici a atmosfere evocative, queste band sono imperdibili per gli amanti della musica avventurosa.
Explosions in the Sky: Pionieri del genere, le loro composizioni epiche hanno ridefinito il panorama del Post Rock.
Godspeed You! Black Emperor: Con un suono orchestrale e cinematico, sono maestri nell’evocare emozioni senza parole.
Mogwai: Innovatori scozzesi che combinano potenza e delicatezza, creando un’esperienza sonora unica.
Sigur Rós: Dalle terre nordiche, offrono un viaggio etereo e sognante con la loro musica incantevole.
This Will Destroy You: Con un approccio etereo e potente, trasportano l’ascoltatore in paesaggi sonori emozionanti.
Russian Circles: Fusionano il Post Rock con elementi metal, creando un sound avvolgente e potente.
Caspian: Maestri nel creare atmosfere coinvolgenti, le loro composizioni sono un’esperienza emotiva profonda.
If These Trees Could Talk: Con chitarre eteree e ritmi potenti, creano un connubio unico di delicatezza ed energia.
65daysofstatic: Esplorano la fusione tra elettronica e Post Rock, creando tracce dinamiche e sperimentali.
Maybeshewill: Con un approccio più orientato al rock, offrono tracce energetiche e avvincenti.
Scopri il fascino di queste band e lasciati catturare dai loro mondi sonori unici. La tua avventura nel Post Rock inizia qui.
Il Post Rock, genere musicale dalle radici profonde e dalle sfumature avvolgenti, ha conquistato cuori e orecchie di appassionati di tutto il mondo. In questa guida completa, ci immergeremo nel mondo unico del Post Rock, esplorando la sua storia affascinante, le sue caratteristiche distintive e l’evoluzione che ha segnato il cammino delle band che lo abbracciano.
Il Seme del Post Rock: Origini e Storia
Il seme del Post Rock è stato piantato negli anni ’80, quando band come Talk Talk e Slint hanno iniziato a esplorare territori sonori oltre i confini convenzionali del rock. Con il passare del tempo, questo seme ha germogliato in un genere musicale caratterizzato da atmosfere eteree, arrangiamenti strumentali complessi e una narrativa emotiva senza parole.
Caratteristiche Distintive: Oltre le Parole
Una delle caratteristiche distintive del Post Rock è l’assenza di testi vocali predominanti. Le band si affidano alla forza evocativa della musica stessa per trasmettere emozioni e storie. Gli strumenti diventano voci, guidando l’ascoltatore attraverso viaggi sonori che sfidano le convenzioni.
L’Evocazione delle Emozioni: Dall’Atmosfera alla Profondità
Il Post Rock è noto per la sua capacità di evocare una vasta gamma di emozioni. Dai momenti delicati e contemplativi alle esplosioni di intensità, il genere è capace di trasportare l’ascoltatore in paesaggi sonori unici. Le composizioni lunghe e articolate permettono un’immersione totale nelle atmosfere create dalle band.
Evoluzione nel Tempo: Dal Classico al Sperimentale
Il panorama del Post Rock ha subito diverse evoluzioni nel corso degli anni. Da pionieri come Mogwai e Explosions in the Sky a band più recenti che mescolano il genere con elementi elettronici, il Post Rock continua a rinnovarsi, sfidando le aspettative e spingendo i confini musicali.
Conclusione: Un Viaggio Senza Fine
In questa guida, abbiamo appena scalfito la superficie del vasto e affascinante mondo del Post Rock. Se sei affascinato da atmosfere avvolgenti, emozioni senza parole e viaggi sonori senza fine, il Post Rock è il genere perfetto per te.
Per ulteriori esplorazioni e per rimanere aggiornato sulle ultime novità e recensioni, ti invitiamo a visitare il nostro sito, Postrock.it. Lì troverai un tesoro di contenuti dedicati al magico universo del Post Rock. Entra nel nostro mondo e lasciati trasportare dalle onde sonore che definiscono questo straordinario genere musicale.
Tornano da noi i NsPN come promesso con un nuovo lavoro sensazionale, un salto di qualita’ che conferma la promessa nel genere post rock italiano. Un lavoro ampio, con grande spazialita’ di genere e sfumature uniche. Tuffiamoci nel nuovo album dei NsPN!
“I Nova sui Prati Notturni sono un passo obbligato per tutti gli amanti della musica Post Rock. Aspetto con molta curiosità i loro prossimi lavori, e spero di vederli presto live, una volta che tutta questa dannata Pandemia sarà passata.”
Questo scrivevamo il 9 Dicembre 2020. Eravamo solo all’inizio di un periodo difficile, un periodo che ci avrebbe portato ad altri Lock Down, a problemi economici e sociali di cui solo oggi iniziamo a tirare le somme. All’epoca solo una cosa ci sembrava diventare piu’ forte: la musica. Alcuni degli artisti recensiti in quel periodo hanno pubblicato alcuni dei piu’ bei lavori mai sentiti sul nostro portale. Forse per sfogare la frustrazione del momento, forse per fuggire dalle insicurezze. I NsPN non fanno eccezione in questo, e già all’epoca si sono fatti notare dalla nostra redazione per un lavoro degno di nota. Se ve la siete persa, potete rileggere la nostra recensione e ascoltare il loro precedente album (dal titolo omonimo) a questo link.
Quante stelle è il nuovo album dei Nova sui prati notturni e comprende cinque brani strumentali registrati in presa diretta, che spaziano dall’indie, al kraut, al post, all’ambient.
Federica Gonzato, Giulio Pastorello, Gianfranco Trappolin, Massimo Fontana. Questa la line-up di eclettici musicisti lanciati in questo esperimento sonoro, a nostro avviso degnamente superato. Un tentativo di rendere il Post Rock un genere ancora piu’ ampio, parafrasando il periodo attuale potremmo quasi dire un genere musicale “genderless”. In questo il Post rock ha sempre dimostrato di essere all’avanguardia, facendosi portavoce di una mentalita’ avanti per l’epoca.
I Nova sui prati notturni sono un gruppo post-rock italiano, nel 2005 già autore di un’opera musicale, teatrale, video dedicata ad Arthur Rimbaud e James Douglas Morrison. Nella loro carriera hanno parlato e suonato prendendo spunti da geni letterali come Mary Shelley e Dino Buzzati. hanno partecipato a colonne sonore, sono stati recensiti e premiati come una delle migliori band post rock italiane e hanno partecipato con i loro lavori a diversi Film Festival con le loro colonne sonore.
Matkaa. Un termine finlandese che significa letteralmente “viaggio”. Il nome del brano si sposa benissimo con il brano, definendo esattamente cio’ che percepiamo fin dall’inizio. L’album si apre con un ritmo diretto, schiacciato, senza troppi giri di parole, e ci cattura subito. La macchina sta partendo, il viaggio sta iniziando. Ci guardiamo intorno e osserviamo paesaggi sconosciuti. Il sole non è ancora spuntato all’orizzonte, sentiamo voci e suoni in lontananza che si diffondono e destano la nostra curiosita’.
Il brano rende protagonista le percussioni, creando un dialogo importante con le ritmiche calde e definite del basso, creando lo spazio giusto in cui espandere le eteriche note della chitarra e degli effetti digitali che si espandono come un’aurora boreale nel cielo notturno.
Fuera!. Il ritmo cambia, diventa piu’ incalzante. Se Matkaa si distingue per lo scambio tra percussioni e basso, ora sentiamo la chitarra e gli effetti synth prendere maggiore spazio, colorare la tavola disegnata in principio. Si creano nuove figure nel nostro sogno, il viaggio si fa sempre piu’ interessante. Ci ritroviamo proiettati in un mondo di cui abbiamo paura e di cui ci sentiamo al tempo stesso affascinati e incuriositi.
Immaginate per un attimo di poter fare un viaggio nel tempo. Immaginate di potervi sedere sulla Macchina del Tempo di H.G Welles e di viaggiare nel futuro, centinaia di migliaia di anni avanti a noi. Cosa vedremmo? A questo interrogativo rispondono i nostri temerari musicisti, che si lanciano nel creare scenari proiettati in futuro ignoto, un futuro di cui non sappiamo nulla, ma che in qualche modo è legato a noi.
Lucet. I nostri NsPN si fanno apprezzare molto per la miriade di messaggi e di significati che inseriscono in ogni piccolo particolare dei loro lavori. Il brano ha un nome che deriva dal latino. Si potrebbe tradurre come “brillare” o “fare luce”. Se il nostro viaggio fosse iniziato nella notte fredda citata poco prima, ora ci troveremmo di fronte alla piu’ bella delle aurore. Nel freddo gelido, nel tempo lontano raggiunto con la nostra Macchina Del Tempo, osserveremmo ora un sole rosso e caldo, fisso all’orizzonte, illuminare un mondo deserto, popolato di strane ed enormi creature. Che ne è stato dell’uomo, della nostra societa’, dei progressi e della tecnologia? Queste parole si disperdono nell’aria rarefatta e densa di esalazioni gassose.
La batteria ora gioca un ruolo quasi mantrico. Gli strumenti si uniscono in un’unica melodia, tanto che ci riesce difficile distinguere uno o l’altro suono. Ci pare piuttosto una grande vibrazione che si sprigiona da una sola sensazione. Il gruppo dimostra una grande maturita’ musicale e artistica.
Last Ride. Forse l’avventura vissuta finora ha un significato piu’ profondo di quello che abbiamo percepito inizialmente. La Macchina Del Tempo potrebbe rappresentare per noi un viaggio a senso unico, un viaggio di cui conosciamo l’inizio ma non la fine. Osserviamo infatti ora la calma placida del mare rosso di fronte a noi, colorato dai raggi stanchi di un Sole che tra centinaia di migliaia di anni stara’ per spegnersi. Non ci saranno piu’ maree, temporali o scambio di energia. Freddo e desolazione ovunque. Vediamo qualcosa muoversi in lontananza. Non sappiamo con certezza se sia un essere vivente o solo un sussulto di questo mondo in fin di vita.
Non ci sono piu’ strumenti o persone, odiamo solo vibrazioni e onde armoniche che sembrano coincidere con quelle celebrali. Chiudiamo gli occhi e i suoni che sentiamo sembrano giungere da un mondo superiore, da qualcosa che non ha piu’ senso se relegato al grezzo mondo materiale.
Zeit. Tempo, in tedesco. È questo sembra effettivamente il concetto dietro a cui tutto ruota in questo album. Il viaggio, il tempo, la luce. Ci siamo lanciati in qualcosa di unico, una sorprendente scoperta che ci rende unici e soli di fronte all’universo. Il viaggio ci ha messo di fronte all’unica grande verita’: che noi siamo qualcosa che va oltre il tempo, la lingua, il luogo o il genere sessuale. Siamo un concetto, un pensiero di qualcosa di piu’ grande, qualcosa che va aldilà del nostro orizzonte.
Osserviamo i meccanismi del tempo, del suo formarsi e disperdersi. Le percussioni assumono il compito di ricordarci dello scorrere inesorabile dei secondi, mentre basso, chitarra, pianoforte e synth ci regalano l’ultima immagine di quello che il nostro Viaggio nel tempo e nello spazio ci hanno permesso di vedere. Qualcosa che occhio umano prima d’ora non aveva mai visto, e che non si puo’ raccontare.
Confermiamo il voto alto dato gia’ in precedenza. Siamo di fronte ad una band che ci aspettiamo di vedere fare un grande salto di notorieta’ nei tempi a venire. Grazie NsPN per averci deliziato con questo splendido lavoro.
“Erasmus a Kiev” è il nuovo concept album introspettivo e sofisticato, per il collettivo italiano Autostoppisti Del Magico Sentiero. Un progetto carismatico nato nel 2020 a Udine, con un infinità di idee ricercate e un tema principale che si basa sul progressive, che tende al folk classico e avvicina le proprie origini.
All’interno di questo cammino i musicisti danno un forte contributo sonoro, creando un percorso solido e personale, che affronta diverse tematiche e racconti preziosi. Il tutto vede la luce nell’esordio “Sovrapposizione di Antropologia e Zootecnia” che racchiude gran parte di quello fatto in studio, esplorando un genere unico e narrativo.
Con questo nuovo lavoro invece, distribuito dall’etichetta New Model Label, si viaggia al centro dell’universo abbracciando una lettura lucida dei testi, che incastra la personalità eccellente in fase di produzione e racconta esperienze vissute.
Il disco inizia con un monologo folle che da il titolo a quest’opera “Erasmus a Kiev”, collegando i due seguenti capitoli “Atropocene Metrico Decimale” e “Bioantenne Mobili Semisenzienti”. Due canzoni irregolari, che racchiudono leggere percussioni in lontananza, voci stridule e di protesta che danzano su un timbro country rock polveroso. Infine nel passaggio finale si inserisce un’insieme di fiati suggestivi, che colorano la linea vocale. Con “Cafè Balkanico Interglaciale” iniziamo a fare sul serio, con una ritmica complessa e un timbro acustico, fino a perdersi nel silenzio. “La Dittatura delle Plebi” poi sposta le sue sensazioni in un gioco macchinoso della chitarra, su un testo ricco di significato e una vena artistica teatrale, per un brano notevole. Stesso discorso vale per la seguente “Greta Thumberg è una cara ragazza e le vogliamo tutti molto bene” con un organo avvolgente e audace, che cambia la sfumatura al brano.
Dopo altri segnali dissonanti di voci e monologhi, la prima parte dell’album si conclude sul blues dinamico in “Wall Street Uiguria” con un buon tappeto di trombe deliranti e un passaggio tribale che chiude la traccia.
“Darwiniana” apre il secondo atto, con atmosfere frenetiche di una chitarra grottesca e un cambio conclusivo che lascia una sensazione di mistero. Altri brani da ricordare sono le ritmiche jazz fusion su “In Assenzio di Riverbero”, una traccia che sfocia in un delirio rumoroso e autentico. La graffiante e trascendente “Jazz a Caso”, uno dei brani migliori di questo lavoro su una sensibile e sinfonica cavalcata e il beat pulsante di “Blues Sepolcrali” che conclude questo disco con un’ennesima protesta aldilà di questo mondo ottuso.
“Erasmus a Kiev” è un lavoro sorprendente, che evoca un bagaglio di episodi personali e culturali sopra un’onda estrema di suoni talentuosi.
VOTO: 6,5
Autostoppisti Del Magico Sentiero – Erasmus a Kiev(2022)
New Model Label
Music Composed By Autostoppisti Del Magico Sentiero
Mixed and Produced at Five Cats Studios di Pradamano (Udine)
Autostoppisti Del Magico Sentiero sono:
Citossi Fabrizio: chitarre, voci, blues harp
Martin O’Loughlin: didgeridoo, basso tuba, medusa
Franco Polentarutti: voce
Marco Tomasin: tromba, voce
Stefano Tracanelli: sassofoni, auto traverso, organo, blues harp
Claudio Melchior è un’artista e musicista visionario, che da sempre inserisce nel suo mondo introspettivo una grande quantità di umorismo nero e ironia criptica. Il suo percorso inizia da lontano già alla giovane età di 18 anni, con lo studio attento della chitarra e una timbrica vintage anni 70.
Dopo aver passato diverse esperienze anche come radiofonico-teatrale, mescola numerosi elementi sarcastici e sociali all’interno dei suoi brani, sfociando nell’esordio in studio “Ho Molti Follower” nel 2019. Un lavoro particolare e intimo che ruota attorno alla scrittura di testi personali su un timbro prettamente cantautorale. La sua ricerca artistica infine sperimenta nuovi orizzonti eclettici, che avvicinano le canzoni all’elettronica.
In questo secondo album dal titolo Io Sono Un Gatto prodotto per l’etichetta italiana New Model Label, il musicista colora un arcobaleno morbido e surreale, che abbraccia un notevole carisma e una libertà raggiunta.
Un capitolo particolare e attento, che si intreccia nelle sette tracce suggestive, esplorando un fantasioso racconto espressivo.
L’album si aziona sul timbro spaziale di “Fuga” e un vortice celestiale di sintetizzatori che incastrano la linea vocale curiosa e narrativa. Una canzone lineare ricca di significato, con un ritornello allegro e l’assolo emblematico della tromba. Segue “Schivare La Pioggia” un brano arricchito da due versioni una sporca e misteriosa, l’altra in chiave acustica che conclude il disco. In questa prima versione i risvolti ironici mutano in una sensazione drammatica, agitando il testo oscuro in una notte orchestrale e soffusa. Con “Sciacquettati”veniamo trascinati in una tematica new-wave frizzante, come a voler perdere la mente all’interno di una bolla electro dance. La voce qui continua a narrare una storia complicata e innocente verso i primi amori. L’opera continua la sua corsa a gonfie vele, cambiando le sfumature negli aspetti unici di “Ogni Notte”, una delle tracce migliori.
Le fantasie teatrali tornano a farsi sentire, con una notevole ispirazione, che gioca su diversi aspetti letterari, urlando con odio il proprio stato d’animo.
Il trittico finale di brani mette in mostra una suite vibrante sul tocco energico di “Dante Pop”, dove si parla di una critica autentica verso il mondo confuso, sfociando in un emozione spinta e grottesca. Passando poi per la title track “Io Sono Un Gatto” su una narrazione libera in chiave filastrocca, che rispetta uno schema complesso e neoclassico, per una scrittura ipnotica e riflessiva. Chiudendo con la versione acustica e sentimentale di “Schivare la Pioggia” in un dolce arpeggio sofisticato.
Io Sono Un Gatto è un album prezioso e interessante, che esprime al meglio il senso di libertà e speranza, in fuga da questa società ancorata nei suoi pregiudizi. Il risultato è un lavoro maturo e ben strutturato, che unisce la follia alla teatralità in modo impeccabile.
I Klidas sono un collettivo travolgente marchigiano, il loro timbro post rock affonda le radici nella sperimentazione cosmica, con delle avvincenti strutture strumentali energiche. La band inizia il suo percorso nel 2014 a Macerata, seguendo tutta la scia underground del momento con vibrazioni lussuose e martellanti, che viaggiano in modo impeccabile su ritmiche gonfie di personalità e accenni importanti al progressive e jazz fusion, questo anche grazie al supporto fondamentale del sassofono e sintetizzatore, esplorando un audace impatto sonoro senza precedenti.
L’album di debutto No Harmony, viene prodotto dalla formidabile etichetta australiana Bird’s Robe Records, che accoglie con entusiasmo le sensazioni del gruppo in un vortice emblematico eccellente.
Al suo interno si materializza una storia intensa evocativa, verso terre misteriose e lunari, che seguono uno stile unico e carismatico.
L’iniziale “Shores” accende un emozione sentimentale, con un giro di chitarra sensibile che abbraccia il tappeto magnetico capitanato dal sassofono. Dopo la prima parte morbida il tiro del brano esplode in un cambio furioso, dove la ritmica spinge forte le idee virtuose del chitarrista Emanuele, fino a lasciarsi andare sul gioco criptico del synth e il furioso stacco delle distorsioni, concludendo la canzone all’improvviso. “Shine” segue in una marcia più leggera e una sfumatura orchestrale, che aggancia anche delle narrazioni vocali suggestive. Poi dopo una piccola tregua silenziosa, il brano si sporca in un rumoroso passaggio chitarristico e un muro di suoni danzanti, che si agitano in un ambientazione oscura.
La stessa sensazione si percorre sulle note iniziali di “Not To Dissect” una composizione stupenda, che regge l’urto di autentico capolavoro di questo disco.
In questo caso la ritmica si incastra al tiro aggressivo della batteria e accelera sui complessi cambi di tempo, creando un caotico e dissonante habitat surreale.
“Arrival” avvia il trittico finale di brani, con una sensuale ballad meticolosa e sognante. Qui il sassofono avvolge una stupenda cantilena leggera e accogliente, con le percussioni che portano un appiglio deciso e sospeso alla tematica, colorando un immagine ben riflessa racchiusa in una bolla dolce e espressiva. Prima di chiudere “Circular” torna a ruggire su una struttura rocciosa e potente, abbracciando una violenza repressa e infinita del sassofono, che si lancia con decisione in una traccia delirante. La fine dell’album si completa con “The Trees Are In Misery”, una canzone geniale, che si base su un’idea solida in chiave post metal, avvicinando l’ascolto a orizzonti di stampo Pg.Lost, per una chiusura gigante e rocambolesca.
No Harmony è un lavoro pazzesco ricco di spunti importanti, dove la band con una qualità incredibile riesce a collegare alla perfezione, dando alla luce un risultato originale e moderno.
Voto: 8
Klidas – No Harmony
Music Composed By Klidas
Recording By Stefano Luciani at NuFabric Basement Studios
Mix by Alex Wilson
Master by Josh Bonati
Released By Bird’s Robe Records
Klidas are:
Emanuele Bury: Guitar, Voice Francesco Coacci: Bass guitar, Voice Samuele De Santis: Saxophone Alberto Marchegiani: Keyboard, Synth Giorgio Staffolani: Drums
Lisa Luminari: Guitar and Voice (Live) Francesco Fratalocchi: Saxophone (Live) Manami Kunitomo: Voice on “Arrival”
Da Pescara arrivano i Death Mantra for Lazarus super progetto post rock, dalle numerose influenze sonore e visive, raccolte in un viaggio intenso e artistico da brividi. Il loro percorso prende vita nel 2010, creando un vortice malinconico e prezioso di suoni ricercati che spolverano tutto il genere strumentale, abbracciando suite sperimentali di grande impatto culturale.
Con l’album di debutto Mu si inizia a spingere forte sul genere esplorando strutture importanti e di nicchia, che ritagliano uno spazio eccellente sulla scena underground. Dopo alcuni concerti suggestivi e un forte interesse verso il pubblico, la band si arresta su una lunga pausa quasi surreale che subisce la pandemia e altre problematiche rallentando il lavoro del gruppo. Nonostante questo riescono a ritagliarsi uno spazio notevole nel 2019 proprio prima della chiusura, per mettere in pratica nuove composizioni, che vanno ad ultimare questo nuovo geniale album dal titolo Dmfl, prodotto per l’etichetta italiana Vina Records.
Un album personale e entusiasmante, che avvolge un tappeto di emozioni sentimentali, narrando a dovere racconti di amicizia,famiglia in lussuosi paesaggi d’altri tempi.
Il disco si apre con il brano splendido “Church SuperDelay” il primo singolo di quest’opera. Al suo passaggio si nota subito un gusto sopraffino di esplorare nuovi orizzonti lunari, danzando su un timbro leggero e un giro deciso della batteria, poi a piccoli passi la ritmica si cimenta in una corsa sensibile illustrando un tappeto sensazionale di delay incastrati a una tempistica calda e moderna, fino ad esplodere su un ritornello stupendo e orecchiabile. “Nude” procede il cammino verso una struttura tribale delle percussioni, capitanato dal tamburo a cornice. Con un basso che unisce una chitarra sensuale, lasciandosi andare a una narrazione orchestrale. “Marbles” invece è una canzone melodica, che nelle sue atmosfere inserisce un violino nostalgico di ValeriaVadini, uno dei primi ospiti illustri di questo album. Un mistico sogno sentimentale che ci accoglie in un luogo magico.
“Laika Cold! Laika Cold!” è un tipico brano post rock, che si emoziona in una classica sfumatura, avvicinando l’ascolto ai primi Explosion in the Sky, cambiando il mood solo nella parte finale, dove la traccia ruggisce in una distorsione ampia e vibrante. Ci avviciniamo alla fine con l’ultimo pacchetto emblematico di brani, iniziando da uno dei più belli e completi “Mina”.
Una composizione enorme che si aziona su vibrazioni quasi orientali e con un vortice sinfonico di arpeggi, che completa una struttura incredibile e riflessiva con il tocco solido del synth, per racchiudere una storia di ricordi e eventi unici in questa vita.
La penultima traccia “Like Dolphins” vede la collaborazione del musicista Jester at Work con la sua compagna Giulia Flacco, per inscenare una sensazione calda e sensuale nelle parti vocali, dando una forma diversa al disco, per una traccia importante e godibile. La fine viene affidata alle sperimentazioni spaziali in “Memory Of Us”, un brano trionfale, che vede l’ultimo ospite il polistrumentista Francesco Di Domenico alla tromba, che crea un limbo magistrale di passaggi monumentali e ben strutturati, su una degna conclusione travolgente.
I Death Mantra For Lazarus sono tornati sulle scene, con un album bomba dove si riesce a captare tutta la voglia e la grinta di tornare a risplendere nella scena musicale e per far emozionare in modo autentico e originale.
Voto: 8
Death Mantra For Lazarus – Dmfl
Music Composed By Death Mantra For Lazarus
Recorded By Sergio Pomante at Noiselab (Giulianova)
Mixed By Andrea “Giamba” Di Giambattista at Pot Studio
Mastering By Riccardo Ricci at Velvet Room Mastering (UK)
Death Mantra For Lazarus are:
Alessandro Di Fabrizio: Guitar
Tonino Bosco: Bass,Guitar & Synth
Lorenzo Conti: Guitar
Federico Sergente: Drums
Special Guest Valeria Vadini: Violins on “Marbles” and “Laika Cold! Laika Cold!”
Francesco Di Giandomenico: Tromba on “Memory of Us”
Jester at Work and Giulia Flacco: Voice and Lyrics on “Like Dolphins”
Gli Echo Atom sono un power-trio strumentale nato a Roma nel 2016, il loro bagaglio sonoro inserisce diversi punti di qualità culturali e riflessivi, che affondano le radici nel genere post rock classico. Inoltre le tematiche affrontate esplorano un viaggio intenso e personale, lasciando uno spunto eccellente all’ascoltatore.
L’esordio in studio vede la luce con l’album Redemption del 2018, dove si racchiude tutto il percorso malinconico e narrativo, a seguire la band si cimenta con altri lavori importanti sotto forma di Ep, che confermano a pieno il proprio cammino lasciando una buona impronta significativa sul genere sperimentale a tinte progressive.
Con questa nuova opera autoprodotta dal titolo Stellar, si continua il viaggio interstellare a bordo di una nave spaziale ipnotica, che inoltra la mente nei luoghi più nascosti e completa a dovere le due tracce interessanti.
Il brano iniziale d’apertura “Stellar” si culla dolcemente nell’arpeggio malinconico, che con un tocco leggero esprime una sinfonia celestiale e dormiente. Poi si inserisce una batteria gonfia di personalità ed insieme al groove corposo di basso, avvia un meccanismo lunare ed energico, fino ad esplodere in modo definitivo nel bridge potente di una distorsione ruvida, fino ad accelerare sul passaggio finale che si arresta all’improvviso.
Una canzone stupenda, con una buona ritmica e una vibrazione ricercata. Segue la seconda traccia “Moon” con un tappeto di riverberi emozionanti, che lasciano una sensazione sensibile sulla pelle e una sfumatura giocosa.
Anche qui il segnale morbido del basso, avvolge la struttura in modo incantevole, subendo un brusco cambio di marcia sul riff oscuro a tratti post metal, prima di esprimere il meglio nel cambio conclusivo da brividi.
Gli Echo Atom continuano a sfornare brani incredibili, con una sintonia geniale e poetica dimostrando un feeling preciso e unico nel suo genere.
Un tappeto di emozioni distorte e introspettive, sono gli ingredienti essenziali racchiusi in questo primo Ep d’esordio targato Slon. Un trio italiano alternative rock che mescola i vari sottogeneri sperimentali, narrando una sensuale e compatta poesia.
Il loro universo si fonde su sonorità lucide dando libero sfogo a qualcosa di originale e autentico. In questo capitolo che li lancia in modo definitivo sulla scena musicale del momento dal titolo riflessivo Universi Paralleli Apparentemente Sconnessi, la band invita l’ascoltatore a credere nel proprio destino, cercando di unire i mondi e lo stato d’animo in un’unica connessione personale e matura.
Le sei tracce brillano di una luce emozionante e intima, che spesso viene stravolta da ritmiche dissonanti e cavalcate ruvide, fino a trovare il giusto rifugio in questo mondo.
“Montagne” è il brano iniziale con una carica subito feroce della chitarra e una linea vocale morbida , orchestrata alla perfezione all’interno di un testo sensibile e melodico. Le percussioni agitano il percorso in un ambiente inquietante che ruggisce con grinta a una luna dispersa nel vuoto. Una grande apertura, con una vena artistica simile ai passaggi rumorosi dei Verdena. Il secondo brano è “Jelly”, il primo singolo di lancio, qui la band smuove un dormiente timbro ipnotico, con le parole amplificate e una luce che si intravede in fondo al tunnel. Il groove caloroso del basso poi si agita in una solitudine incompresa esplodendo nel rumoroso finale incendiario.
La batteria misteriosa di “Lividi” invita una sensazione di abbandono, che a tratti si tinge di drammatico, creando una sorta di ballata godibile e accogliente, fino all’atto finale dove urla di dolore si uniscono a un solo di chitarra mistico.
Con “Diagnosi” ci spingiamo verso l’oscurità e notiamo una composizione dolce, che fa da valvola di sfogo per giornate intense e monotone.
Le ultime due tracce disegnano un muro solido e struggente di suoni preziosi, lasciando sempre quello spiraglio caotico e dinamico. Come il sound leggero di “Nuda” una composizione semplice e lineare, che si basa sul grande rapporto basso/batteria scorrendo a dovere sulla qualità malinconica della voce, esprimendo un odio estremo nel finale. Chiudiamo con “VII” e una cavalcata dal tiro grunge, che lascia una buona impressione sulla pelle.
Gli Slon si presentano ai nostri occhi, con una notevole produzione diretta e martellante. Unendo attimi furiosi a vere e proprie ballate sentimentali, per un risultato roccioso e raggiante.
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