ROPSTEN – EERIE
“Eerie” è uno stato d’animo
“Eerie” è uno stato d’animo, il racconto in musica della degenerazione tecnologica, un disco dai suoni alienanti che mescola kraut rock, elettronica e space rock con derive psichedeliche.”
I Ropsen sono una band formatasi nel 2009 come quartetto strumentale. Hanno pubblicato due EP ed hanno partecipato allo Sherwood Festival, aprendo i concerti di God Is An Astronaut e Blonde Redhead. Un bell’inizio che ha dato vita ad “Eerie”, un viaggio sonoro e visivo nei luoghi più nascosti della mente, dove a fatica si distingue la differenza tra umanità e macchine.
Partiamo da Y.L.L.A., unico brano dell’album con qualche accenno di sonorità vocale, se così possiamo chiamarla. Una distopia sonora che viene messa in risalto dagli effetti metallici della chitarra, dal suono crudo dei piatti, dalla cadenza di un basso martellante.
“Grandma’s Computer Games”, dall’inizio che penetra nel cervello, si apre con melodie apparentemente più docili, dando sfogo poi ad alle sonorità space rock, per chiudersi in un finale volutamente caotico. Anche “Globophobia” ha un percorso simile come sonorità, se non fosse per il finale che sembra quasi porre fine a questo caos prodotto dalla tecnologia in un mondo fuori controllo dalla natura umana.
“Batesville” spiazza subito con un inizio apparentemente fuori dal mondo.
Che sia la melanconia di uno spiraglio d’umanità?
Forse, sta di fatto che la chitarra acustica regna sovrana nell’intero brano, con l’aggiunta solo di successivi synth a mantenere l’ambient di un mondo che non ci appartiene più.
“Kraut Parade” ci riporta con i piedi in un mondo che non ha più illusioni, che non può più essere quello di un tempo. Note aspre, acide, sonorità volutamente confusionarie che riportano al caos descritto in precedenza. Il brano è comunque segnato da una ritmica continua e cadenzata che non da segno di mollare la presa se non nel finale.
“Brain Milkshake” mostra un’inquietudine generica, un caos emotivo e di sonorità che spesso sembrano cozzare tra di loro in un’unione di note che tendono alla dissonanza. La situazione rimane stabile fino al finale dove ci sembra di essere all’interno di un videogioco anni ottanta che va a spegnersi, game over.
C’è ancora un ultimo brano, però, “180 mmHg”. Tamburi iniziali annunciano l’ingresso dell’apice di un turbine inquieto, una sonorità travolgente e continua, un sottofondo spaziale e che tende a voler specificare quanto l’umanità sia incomprensibile innanzi alla presa di potere della tecnologia.
https://www.youtube.com/watch?v=EC2M0C74LxQ
La band è meritevole, l’idea è originale: non è il solito viaggio nella psiche umana, è qualcosa di più. E questo è da apprezzare.
Personalmente, però, prediligo il post rock che rispecchia un animo sognatore come il mio, prettamente romantico, che lascia comunque un barlume di speranza per un futuro migliore.
In ogni caso, consiglio vivamente a tutti gli amanti dello space rock e del kaut rock, oltre che del post rock chiaramente, di ascoltarli con attenzione. E soprattutto con lo spirito giusto.
Voto: 6 e mezzo
Tracklist:
1.) Y.L.L.A.
2.) Grandma’s Computer Games
3.) Globophobia
4.) Batesville
5.) Kraut Parade
6.) Brain Milkshake
7.) 180 mmHg
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Formazione:
Simone Puppato (guitar, keyboards)
Claudio Torresan (guitar, noise, keyboards)
Leonardo Facchin (bass guitar, keyboards)
Enrico Basso (drums)
J. Postrock.it
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